TUTTI MANGIARONO E FURONO SAZIATI
Commento al vangelo di p. Alberto Maggi OSM
Mt 14,13-21
In quel tempo, avendo udito [della morte di Giovanni Battista], Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte. Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati. Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». Gli risposero: «Qui non abbiamo altro
che cinque pani e due pesci!». Ed egli disse: «Portatemeli qui».
E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla.
Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.
La condivisione dei pani e dei pesci è un episodio talmente importante che tutti e quattro gli evangelisti lo riportano perché essi non intendono trasmettere un fatto storico, una cronaca, ma fare della teologia. In questo episodio non fanno altro che anticipare e raffigurare l’ultima cena, l’eucarestia di Gesù. E infatti l’evangelista Matteo pone gli stessi termini qui nella condivisione dei pani che poi metterà nella cena del Signore. “Sono venuto alla sera” – lo stesso termine qui e nella cena del Signore – ed è importante il verbo
“sdraiare”. Gesù comanda alla folla di sdraiarsi, come durante l’ultima cena; perché questo sdraiarsi? Nei pranzi solenni, nei pranzi festivi – come per la Pasqua – i signori, cioè quelli che avevano dei servi che potevano servirli, mangiavano secondo l’uso greco-romano, cioè sdraiati su dei lettini. Allora Gesù invitando i discepoli a chiedere di sdraiare la folla, dà il significato profondo dell’eucarestia: la comunità si deve mettere al servizio di quelli che sono considerati servi perché questi si sentano signori. La cena di Gesù è quella cena dove Gesù libera dalla vergogna, dalle umiliazioni quelli che sono
considerati peccatori perché il Signore tratta con onore nell’eucarestia – questo è il significato – quelli che la società disonora, avvicina chi è stato allontanato e accoglie quelli che sono stati rifiutati. Quindi in questo solo verbo “sdraiare” vediamo quanti significati profondi. Gesù prende i cinque pani, esattamente come farà nella cena, “alzò gli occhi al cielo e benedì”, Gesù si mette
in comunione con l’azione del Dio della creazione, con il creatore, per prolungare la sua azione creatrice, “spezzò i pani”, qui l’evangelista in questa narrazione ora elimina i pesci proprio per far comprendere che il significato che sta dando è quello della eucaristia, “e li diede ai discepoli”. È importante un’omissione: Gesù non chiede alla folla di lavarsi le mani; non si poteva prendere il
cibo senza prima avere svolto il rito – era un rituale – di lavarsi le mani perché bisognava essere puri. È il significato profondo dell’eucaristia: non occorre purificarsi per accogliere l’eucaristia, ma è accogliere l’eucaristia, accogliere questo pane quello che purifica. L’eucaristia non è un premio dato per chi se lo merita, ma un regalo per quelli che ne hanno bisogno. E Gesù lo dà ai discepoli ed è importante che i discepoli devono darlo alla folla. Essi non sono i
proprietari del pane, ma sono i servi; non devono amministrarlo, ma devono distribuirlo. Quindi l’azione dei discepoli è quella di dare il pane alla gente senza chiedere certificati di buona condotta.
C’è il finale che sembra un po’ strano. Dopo aver elencato il numero delle persone che hanno mangiato, 5.000, perché 50 e i suoi multipli sono l’azione dello Spirito, l’evangelista fa comprendere che in
questa azione del pane c’è stato l’amore, lo Spirito, l’evangelista conclude senza contare le donne e i bambini. Perché? Nel culto sinagogale era necessaria la presenza di 10 maschi adulti senza contare le donne e i bambini, che non venivano contatti. Allora l’evangelista ci vuol far comprendere che il nuovo culto non si
celebra più nella sinagoga, ma attraverso la pratica delle beatitudini. Soltanto coloro che hanno accettato di condividere possono fare dono della propria vita e comunicare la vita agli altri. Il dono della propria vita, cioè di quello che si è, è possibile soltanto se preceduto dal dono di quello che si ha. Allora il nuovo culto non è più in una sinagoga, che tra l’altro è stato il luogo dell’incredulità per il
Signore, e soprattutto il nuovo culto non è più rivolto a Dio, ma da Dio attraverso Gesù – Gesù in questo vangelo è chiamato “il Dio con noi” – parte verso gli uomini. Quindi questo brano è importantissimo: l’evangelista non fa altro che anticipare e raffigurare la cena
eucaristica.