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La Chiesa Parrocchiale

1600chiesa

Già nei primi inventari della Chiesa di S. Michele Arcangelo, redatti nel sec. XVIII, si lamenta la mancanza di qualsiasi notizia relativa alla fondazione dell’edificio religioso.

Il documento più antico allora recuperato riguardava infatti l’istituzione, in data 21 giugno 1582, della Confraternita del SS. Sacramento presso l’altare del Crocifisso nella Chiesa di San Michele Arcangelo.

Ai fini della nostra ricerca risulta preziosa l’attenta lettura dell’inventario del 1715: nel documento si descrive la Chiesa sprovvista, rispetto all’attuale, della navata di destra dove si apriva un sola e isolata cappella; se vi si aggiunge il fatto che fino al 1888 il campanile era ubicato a destra di chi entra nel Tempio, si può concludere che in origine l’asse principale della Chiesa era rivolto esattamente nella direzione opposta rispetto a quella odierna; quindi l’edificio, di cui la cappella suddetta doveva costituire la parte absidale, risultava giustamente orientato verso l’antico borgo di Monte Porzio e non, come oggi appare, di spalle rispetto al centro abitato.Fu in seguito che la Chiesa, con il continuo aumento del numero dei fedeli, dovette subire diverse e incoerenti ampliazioni cosi da assumere la planimetria asimmetrica descritta nelle fonti settecentesche. A questa si rimediò solamente nel 1896 con la costruzione di due nuove cappelle affiancate, sulla destra, a quella d’origine. Tre anni dopo, infine, un’ulteriore sistemazione restituì la costruzione nell’assetto attuale.

Gli inventari antichi annotano la presenza nel tempio di numerose opere d’arte, la maggior parte delle quali oggi sono perdute; degni d’attenzione rimangono: un Crocifisso ligneo cinquecentesco, particolarmente caro alla devozione dei fedeli locali.

La bella tela all’altar maggiore con raffigurato San Michele Arcangelo, validissima composizione conforme alla cultura figurativa marchigiana del sec. XVI partecipe di suggestioni classiciste e raffaellesche; due interessanti paliotti cinquecenteschi realizzati dai famosi scalpellini di S. Ippolito in pietra, in origine dipinta; gli altari sono modellati da raffinate testine d’angeli in rilievo ed elaborati motivi vegetali.

Con la risistemazione della facciata della Chiesa, dopo il terremoto del 1930, fu aperta al di sopra dell’ingresso principale una nicchia dove si collocò una statua della Vergine e il Bambino; questa, ancora in loco, si trovava in precedenza all’interno dell’edificio religioso nella cappella intitolata alla Madonna della Misericordia; fatto venire da Venezia nel 1708 il gruppo scultoreo costituisce un bell’esempio del classicismo tardo barocco: di evidente derivazione accademica nella calibrata posizione della figura della Vergine e nella trattazione del drappeggio, non manca di grazia e spigliatezza soprattutto nella resa della figura del Bambino.


Testo tratto da: “Senigallia e la sua Diocesi STORIA – FEDE – ARTE” – Mons. Angelo Mencucci – Editrice Fortuna 1994

altaremaggioreLa Chiesa sotto il titolo di S. Michele Arcangelo, è situata a circa 300 m. dal centro del paese, verso ponente, e si può dire che si trovi quasi in mezzo alla Parrocchia. Non esiste alcuna memoria del tempo in cui fu fabbricata.
Esaminando la sua struttura e il laterizio, si può facilmente arguire che essa prima del 1500 abbia avuto una forma diversa e in origine vi siano stati solamente tre altari e sarebbero precisamente quelli a sinistra di chi entra, che oggi sono dedicati a Maria S.S. della Misericordia (dove è stato il SS. Crocifisso fino al 1883) al SS. Rosario (oggi S. Luigi) e a S. Antonio Abbate.
Che l’Altare del SS. Crocifisso sia stato fino al 1582 l’Altare principale si prova dal fatto che nella Curia Vescovile esistono documenti, dai quali risulta che la Confraternita SS.mo Sacramento, ad istanza del Conte Camillo di Montevecchio (e non P. Camillo perché vissuto fino al 1710) fu istituita il 21 Giugno 1582 e proprio all’Altare del SS. Crocifisso.
Se in quell’epoca ci fosse stato anche l’Altare Maggiore, è certo che detta Confraternita si sarebbe istituita in questo, e non in un altro Altare laterale. Quindi bisogna concludere che fino a quel tempo non ci fossero altri Altari oltre ai tre accennati.
È certo che l’entrata principale della chiesa è stata sempre l’attuale, perché non vi sono indizi che ve ne sia stata un’altra, e perciò invece di avere l’Altare principale di prospetto, si aveva a sinistra. E questo risulta dall’esame del laterizio, perché nel 1896,nel costruire i due archi per fabbricare le due Cappelle di S. Eurosia e del SS.mo Rosario, si trovò che il laterizio del muro fino alla Cappella del Carmine era eguale a quello delle tre Cappelle a sinistra.
Non c’è dubbio che prima del 1591 la Chiesa arrivava fino all’Altare dove attualmente si trova l’altare di S. Luigi, e ancora non era fabbricata la Cappella del Carmine. Si vede poi che con l’andare del tempo, aumentando la popolazione, si dovè allargare la Chiesa Parrocchiale, ma non si sa a spese di quale persona.
Sta il fatto che da documenti esistenti nella Cancelleria Vescovile risulta che nel 1591 la Chiesa Parrocchiale era stata fabbricata di nuovo ossia prima di quel tempo fu fatto il Cappellone come si trova oggi nella sua lunghezza, con la differenza che l’altezza del muro del cappellone non superava quello della Chiesa e delle Cappelle laterali. E si può credere che insieme al Cappellone sia stata fabbricata anche la Cappella della Madonna delle Grazie (oggi del Carmine). È un fatto certo ancora che il cappellone è stato fabbricato a più riprese, perché il muro di questo, che fino al 1899 sovrastava la Chiesa di m. 1,45, è di costruzione recente e può arguirsi essere stato fabbricato circa il 1750. In questo cappellone, ai lati dell’Altare Maggiore, nel 1793 furono poste due pancate dai Conti di Montevecchio, panche ora poste in Sacrestia.
Il restauro fatto alla Chiesa nel 1591 non era sufficiente per il continuo aumentare della popolazione, perché se in quell’epoca, come risulta da documenti, erano 200 fedeli, nel 1896 il numero di questi giungeva a 1210, e perciò era necessario un’altro ingrandimento e si credette bene di fare altre due Cappelle a destra di chi entra, dove era la legnaia a piano terra e la lunga cucina nel piano.
Difatti nei primi di Febbraio 1896 furono fabbricate le due nuove Cappelle dal Capomastro Rossetti Antonio di Mondolfo e dedicate a Maria SS.ma del Rosario e a S. Eurosia Vergine e Martire.
La Chiesa fino al 1899 era lunga Metri 20; 11 la Chiesa e m. 9 il presbiterio; larga m. 5,90, non comprese le Cappelle; alta m. 5,75. Essa non aveva alcuna proporzione relativa al presbiterio ed era poco igienica per la sua bassezza.
Nel 1899 il sottoscritto, su progetto del perito Sbrozzi Leopoldo di Orciano, la modificò nella sua forma interna. Fu demolito fin dalle fondamenta il muro a cornu epistolae dell’Altare Maggiore e tutti i muri intorno alla Chiesa fino all’arco delle Cappelle; quindi furono alzati i muri principali di m. 4 e fu fatto il soffitto nuovo per tutta la Chiesa, a tutto sesto come trovasi attualmente. Si fece di nuovo il pavimento con mattonelle. Si pensò ancora alla simmetria nell’interno della Chiesa. A sinistra di chi entra si aveva la Cappella del SS.mo Crocefisso; perciò se ne richiedeva un’altra a destra; e di fatti si fabbricò una Cappella dov’era l’antica Sacrestia della Madonna delle Grazie e vi fu riposta la statua di Maria SS.ma Addolorata, come si trova al presente.
Come già dissi più sopa, il presbiterio era lungo m. 9 e non era in proporzione col rimanente della Chiesa. Si credette bene allora trasportare un metro più addietro l’Altare Maggiore e di accorciare il presbiterio per prolungare il vano della Chiesa di m. 2,50. Per questo prolungamento della Chiesa si ebbe posto per fare due nuovi archi, l’uno per vedere il SS.mo Crocifisso e l’altro per vedere Maria SS.ma Addolorata. Così si poté avere la Chiesa Parrocchiale lunga m. 14,50, con m. 5,50 di presbiterio, alta m. 8,35.
Esiste una balaustra di ghisa che divide il presbiterio dalla Chiesa, acquistata nel 1899, dallo Stabilimento Albani di Pesaro.
La sera del 2 due Settembre 1899, giungeva Monsignor Boschi, Vescovo di Senigallia (ed ora S.R.C. e Arcivescovo di Ferrara) che alla presenza dei Parroci viciniori e molti altri Sacerdoti benedì la Chiesa e il giorno 3 pontificò solennemente, nel quale tenne una splendida e commovente Omelia.
Il 15 Giugno si fece ripulire la Chiesa a Smalto dal pittore Guidi Giovanni, di Monteporzio, sotto la direzione del professore Pasquale Garofoli di Fano.
La chiesa parrocchiale, sotto il titolo di San Michele Arcangelo, come si è detto, è antichissima, ma ha subito varie trasformazioni.
Se ne possono ricordare tre periodi principali: le origini, i secoli XVI-XIX ed il presente.
Si sa assai poco delle origini della chiesa. Certo è l’ingresso, che è quello attuale. Certi si possono ritenere almeno due altari: quello di San Michele Arcangelo titolare e quello del Santissimo Crocifisso. Il pievano Cesari invece ritiene che tre fossero gli altari primitivi, cioè i tre della navata sinistra, così: l’altare del Crocifisso, che per lui sarebbe il principale (ma il suo argomento non sembra convincente), l’altare della Madonna della Misericordia e l’altare di Sant’Antonio 13.
A due navate diviene la chiesa con l’ingrandimento operato nel 1591, necessario con l’aumento della popolazione: di questa chiesa parla il Ridolfi, che ne riporta il disegno 14. Era lunga metri 20 (m. 11 la chiesa e m. 9 il presbiterio), larga m. 5,90 non comprese le cappelle e alta m. 5,75.
Per l’aumento della popolazione, che nel 1896 aveva raggiunto il numero di 1210 fedeli, il pievano Cesari aggiunse la navata di sinistra e modificò la chiesa nella forma attuale, alzandola di m. 4, con il soffitto e pavimento nuovi, e curandone la simmetria con tre altari per ogni navata laterale e con l’altare della Madonna Addolorata (dove era prima la Madonna del Carmine).
La nuova chiesa, così sistemata su progetto del perito Leopoldo Sbrozzi di Orciano, venne benedetta solennemente da monsignor Giulio Boschi, vescovo di Senigallia e poi cardinale arcivescovo di Ferrara, il 2 settembre 1899. Da tale sistemazione simmetrica era rimasta fuori la facciata, in cui quasi tutta la parte corrispondente alla nuova navata era coperta dalla vecchia casa parrocchiale.
Con la costruzione della nuova canonica, in occasione del terremoto del 1930, si completò anche la facciata, dove il pievano Paladini collocò la statua della Madonna delle Grazie (che prima veniva venerata nel primo altare della navata destra); lo stesso pievano fece demolire un piccolo vano, detto «cimitero», unito al muro esterno della chiesa in corrispondenza dell’altare di Sant’Antonio.
Nella vecchia chiesa, almeno al tempo del pievano Benedetto Sampaoli, la sacrestia era dietro l’altare e fungeva anche da coro 15. In seguito venne costruita la sacrestia a cornu evangelii (cioè dove è presentemente), che poi dal pievano Gradoni venne adattato come appartamento del sacrestano ed in quella occasione la sacrestia fu collocata presso l’altare della Madonna del Carmine. Questa, nei lavori del 1899, venne sistemata a destra dell’altare della Madonna Addolorata (dove ora si trova il palco della sala parrocchiale). Infine il pievano Paladini, demolendo l’appartamento del sacrestano, la collocò a sinistra dell’altare maggiore con netto ed infelice distacco dalla canonica.
Il campanile anticamente era sito tra le due prime cappelle della navata destra (altare della Madonna del Carmine e quello della Madonna del Rosario). Il nuovo campanile venne costruito dal pievano Tombari nel 1888. Il pievano Cesari vi aggiunse una quarta campana.
Lo stesso Gradoni costruì nel 1875 l’orchestra e qui lo stesso Cesari vi collocò l’organo, opera di Luigi Giudici di Pesaro, che venne inaugurato il 7 ottobre 1900 alla presenza del vescovo Boschi e dei maestri senigalliesi Quinto Frediani e Italo Galaverni. Il primo organista ne fu Emilio Polverari.
La chiesa di San Michele Arcangelo va sotto il nome anche di «Santuario del Crocifisso» per la taumaturgica Immagine venerata dai tempi antichissimi, che richiama molti devoti dai luoghi vicini della diocesi e fuori.
Scrive il pievano Benedetto Sampaoli che «il medesimo Crocifisso si riconosce per antichissimo di segnalata Veneratione, et assai miracoloso, massimamente in tempi calamitosi, come Guerra, Peste, Fame, ad petendam pluviam atque Serenitatem, portandosi processionalmente» 16.
All’altare del Crocifisso venne eretta il 21 giugno 1582 la Confraternita del santissimo Sacramento, ad istanza del conte Camillo di Roberto di Montevecchio 17. La devozione aumenta specialmente nel Settecento. Nel 149 «una certa Muzzi Maddalena lasciò di Messe n. 33 all’anno perché si celebrassero, o nell’Altare del SS.mo Crocifisso o in quello del Rosario e ciò per 10 anni venne soddisfatto, come risulta da documenti solamente fino al 1756» 18.
Ma i fasti maggiori si hanno nell’Ottocento. Nel mese di luglio del 1855 infierisce il colera nel paese. Il popolo ricorre al Crocifisso ed appena iniziato il triduo nessuno viene più colpito dal morbo. Alla festa di ringraziamento del 21 ottobre di quell’anno partecipa il cardinal Domenico Lucciardi, vescovo di Senigallia. Nel 1833 dal pievano Gradoni, con l’aiuto di Gioacchino Pinzani, si costruisce la cappella ed in quella occasione il Simulacro stesso, già annerito dai ceri e rovinato dal tempo, viene restaurato dal bolognese Gaetano Grandi.
Come già notato, il pievano Cesari favorisce questa devozione, promuovendo pellegrinaggi, come quello del 1898, e organizza solenni festeggiamenti, come quelli del 1904, ai quali partecipa anche il cardinal Giulio Boschi, arcivescovo di Ferrara e già vescovo di Senigallia.
Il 6 maggio 1934, nell’occasione dell’Anno Santo per il XIX Centenario della Redenzione, la sacra Immagine viene incoronata con oro da monsignor Filippo Maria Mantini, vescovo di Cagli e Pergola, essendo pievano don Carlo Tommasetti, il quale nell’anno seguente arricchisce la cappella di marmi e pitture. Si ricordano anche le feste di ringraziamento, organizzate dal pievano Paladini dopo la seconda guerra mondiale e particolarmente la giornata del Reduce del 14 settembre 1945.

SACRESTIE
Da inventari antichissimi e da circostanze particolari risulta che nei tempi primitivi i questa Parrocchia, serviva da Sacrestia un locale a cornu epistolae dell’Altare del Rosario (oggi S. Luigi). Da documenti risulta che nel 1591 fabbricandosi il Cappellone della Chiesa è stata fabbricata anche la Sagrestia a cornu evangeli dell’Altare Maggiore, che era dove oggi si trova la cucina del Sacrestano e questo vano è stato adibito a tale uso fino al 21 Maggio 1860, giorno in cui il Parroco Gradoni cedette quella camera per abitazione del Sagrestano Francesco Testaguzza. Fabbricata questa nuova Sagrestia, la prima (ossia quella a cornu epistolae del S. Rosario) serviva ai fratelli del SS.mo Sacramento per indossare la cappa. Il Parroco Gradoni ceduto il detto locale al Sacrestano per uso di abitazione, credette di servirsi per Sacrestia di un ambiente fabbricato, a cornu evangeli, della Madonna delle Grazie, dal
P. Camillo di Montevecchio a proprie Spese nel 1708, epoca in cui fu collocata l’attuale immagine di marmo nella Cappella; e questo ambiente si chiamava Sacrestia della Madonna delle Grazie. Questa è stata usata come tale fino al 3 settembre 1899. L’attuale Sacrestia della Parrocchia è a cornu epistolae della Cappella di Maria SS.ma Addolorata ed è della dimensione di m. 6 x 4 e fu fabbricata nel Settembre 1899. Vi è un altro locale dietro la suddetta Cappella, dove sono gli armadi per riporre gli oggetti del culto, locale che fu fabbricato dal Parroco Gradoni nel 1804. Un’altra Sagrestia è stata fabbricata a cure del sottoscritto e a spese dell’Amministrazione del SS.mo Crocifisso e si chiama Sacrestia del SS.mo Crocifisso. Questa è stata fabbricata nella seconda quindicina di Giugno 1916 e si trova al mezzogiorno della Sacrestia della Parrocchia ed ha la dimensione di m. 4 x 3,50.

IL CAMPANILE

Fino al 1888 il campanile fu sempre a destra di chi entra e precisamente tra l’attuale Cappella del Carmine e quella del Rosario. Nello stesso campanile vi erano delle scalette per cui dalla cucina si scendeva in Chiesa. Nel 1888 i fedeli monteporziesi vollero fare a proprie spese, cui concorse con somma rilevante il Parroco Tombari, un campanile più alto e più solido per quattro campane più grosse; e di fatto si fabbricò l’attuale campanile, ponendovi tre campane acquistate dalla ditta Depoli Vittorio. Furono benedette da Mons. Ignazio Bartoli Vescovo di Senigallia il 15 Ottobre 1888.
Nacque discordia perché il Parroco Tombari fece incidere il proprio nome sulle campane, per cui sorsero lamenti e proteste giustificate, essendo state comperate a spese non del solo Parroco, ma anche dei fedeli. Il 20 Luglio 1907 fu aggiunta una quarta campana a spese del sottoscritto e fu benedetta da Mons. Riccardo Paolucci di Fano, dedicandola a S. Filippo Neri.

DELL’ORCHESTRA E ORGANO

Nella Chiesa non vi era orchestra alcuna e per la prima volta fu fatta dal Parroco Gradoni nel 1875. Il sottoscritto, a proprie spese, vi collocò l’attuale organo, lavoro del Sign. Luigi Giudici di Pesaro e il 7 Ottobre 1900 venne collaudato alla presenza di Mons. Giulio Boschi, dai Signori maestri Quinto Frediani e Italo Galaverni, che lo giudicarono organo modello.

BENEFICIO PARROCCHIALE

Il Beneficio Parrocchiale consiste nella rendita di due possessioni; 1’«una coltivata da Caprini Tommaso e l’altra da Scatolini Giuseppe. Ha una rendita di scudi romani 25 (L. 133) del beneficio di S. Antonio abate, di Ostra, ottenuto, il 20 Ottobre 1858, che viene pagato dal Fondo Culto. Ha la congrua dal Fondo Culto consistente in L. 783,26, e una rendita di L. 143,50 da diverse cartelle del Debito Pubblico, formate dalla vendita di terreno per fabricare e dalla vendita di due case.
L’investito di questo Beneficio è Cesari D. Giovanni del fu Luigi, venuto in questa Parrocchia il 9 giugno 1894, in età di anni 28, di Arcevia.

ALTARI

DESCRIZIONE DEGLI ALTARI

In questa Chiesa Parrocchiale da 1899 al 1914 vi erano 9 altari fabbricati in diverse epoche come si dirà in appresso, ma poiché la popolazione andava sempre crescendo di numero, si è dovuto provvedere per guadagnare posto nella Chiesa; e per questo si fece regolare domanda a Monsignor Cucchi Vescovo Diocesano perché permettesse la demolizione di sei Altari. Questi diede parere favorevole il giorno 4 Marzo 1914, ma ordinò di costruire un altro altare portatile, perché all’occorrenza si mettesse dove i fedeli avessero richiesto funzioni speciali.

ALTARE MAGGIORE

L’Altare Maggiore è dedicato a S. Michele Arcangelo. È di marmo; si crede donato dalla Famiglia di Montevecchio, sia perché è adorno di alcuni fregi di detta casa, sia perché somiglia all’altro Altare esistente nella Cappella dei Conti di Montevecchio. Non si sa l’epoca precisa della costruzione, ma si può benissimo supporre che sia stato costruito quando si fece il Cappellone della Chiesa e senza dubbio prima del 1591. Nel 1899 questo Altare fu portato un metro più addietro e si accorciò il presbiterio per guadagnare due metri e mezzo di lunghezza per comodo della popolazione. L’Altare viene mantenuto dalla Confraternita del SS.mo Sacramento. Dietro ad esso in alto si vede il quadro di S. Michele Arcangelo, la cui cornice, ma non così cimasa, fu indorata da Romolo Wirth, a spese dello scrivente, il 25 Agosto 1914. In questo Altare è l’obbligo di celebrare le Messe pro populo in tutte le feste di precetto. Vi si conservò sempre il SS.mo Sacramento fino al 10 Luglio 1904, giorno in cui venne posto all’Altare del SS.mo Crocefisso.
Il P. Camillo di Montevecchio, con suo testamento 20 Marzo 1710, lasciò un obbligo di Messe da celebrarsi in questo Altare, n. 5 mensili, a suffragio delle anime Sante del Purgatorio, colla rendita di un appezzamento di terreno di coppe 8. Il pievano Cervelli nel suo inventario, fatto il 1 Luglio 1845, dice che questo legato non fu mai soddisfatto perché gli eredi del P. Camillo non diedero mai il possesso del suddetto appezzamento di terreno; e ciò forse perché era soggetto all’investitura.

ALTARE DEL SANTISSIMO CROCIFISSO

L’Altare del SS.mo Crocifisso è il primo a cornu evangeli. Vi è un’immagine del Crocifisso in rilievo, tenuta in grandissima venerazione ab immemorabili dai fedeli monteporziesi e delle popolazioni (Parrocchie) vicine. È chiusa in una nicchia, con cornice dorata da Romolo Wirth il 7 novembre 1912 a spese dei fedeli. In questa cornice è incassato un cristallo smerigliato tutto intero dello spessore di millimetri 7, acquistato dalla Ditta Isacco Padovano di Senigallia il 7 febbraio 1913. Si può benissimo credere che la devozione a questa Immagine sia incominciata nel 1500 perché in un inventario di Don Benedetto Sampaoli del 30 marzo 1715, si dice che questa Immagine è venerata da antichissimo tempo, e che a questa si ricorreva in tempo di calamità. IL 21 giugno 1582 nel suo altare (che era quello dove oggi si venera la Madonna della Misericordia) fu eretta la Confraternita del SS. Sacramento ad istanza del conte Camillo di Montevecchio, come risulta dal documenti esistenti nella Curia Vescovile. Una certa Muzzi Maddalena nel 1749 lasciò di Messe N. 33 all’anno perché si celebrassero, o nell’Altare del SS.mo Crocifisso o in quello del Rosario e ciò per 10 anni venne soddisfatto, come risulta da documenti solamente fino al 1756.
I Monteporziesi e popolazioni vicine hanno sempre avuta una devozione speciale al SS.mo Crocifisso, come già dissi sopra, e questa devozione aumentò in modo particolare dopo che gli stessi fedeli ricevettero una Grazia singolare nel 1855. La grazia fu questa: Nel mese di luglio di quell’anno infieriva il colera in questo Castello; si ricorse subito al SS.mo Crocifisso e, mirabile a dirsi, appena incominciato il triduo più nessuno fu colpito dal morbo. Da questa epoca crebbe la devozione alla Sacra immagine, e su proposta del Rev.do pievano D. Antonio Gradoni e a spese dei fedeli, come risulta dai libri d’amministrazione del 1883, si fece quella Cappella che oggi racchiude la taumaturga immagine, che si può considerare l’oggetto più prezioso e più caro che si trovi in questa Chiesa parrocchiale. Due cancelli di ferro fabbricati da Giuseppe Frediani nel 4 Agosto 1899 impediscono che i fedeli entrino in questa Cappella.
Questa Miracolosa Immagine rimase in quell’Altare (della Madonna della Misericordia) fino al 26 Settembre 1883, giorno in cui venne esposta all’Altare Maggiore e il 29 di detto mese il Cappuccino P.Gioacchino da Loreto la portò in Processione e la collocò per la prima volta nella nuova Cappella dove si trova oggi.
Anche in altri tempi il SS.mo Crocifisso venne portato in processione: il 21 Agosto 1898; il 3 Maggio 1905, con l’intervento del Cardinale Giulio Boschi e Mons. Tito Maria Cucchi, Vescovo Diocesano, e il 7 Maggio 1916 per impetrare la pace, con l’intervento di oltre Diecimila persone devote.
Il sottoscritto Parroco il giorno 8 Luglio 1904 fece domanda a Mons. Vescovo diocesano perché gli permettesse di riporre in Questa Cappella il SS.mo Sacramento. Con rescritto del 9 Luglio 1904 il Vescovo rispose affermativamente ed il 10 detto vi fu riposto ed ora si conserva in un artistico ciborio, donato dalla Contessa Maria di Montevecchio-Flajani. Questa Cappella ha il soffitto a tutto sesto e a cura del Sottoscritto, il 17 Agosto 1911, venne costruito il cupolino. Nello stesso anno furono indorate le cornici dello Altare e l’Altare stesso da Romolo Wirth. Nell’anno 1912 fu invernisciata a smalto tutta la Cappella dai Pittori Guidi Giovanni e Igino, sotto la Direzione del Professore Garofoli Pasquale di Fano, il quale fece i quattro Angeli e il Quadro che rappresenta l’apparizione della Croce a Costantino il Grande. Il medesimo indoratore nello stesso anno fece le stelle d’oro nel soffitto e nel cupolino; nel Luglio 1916 indorò a mosaico i tre archi della stessa Cappella.

ALTARE DI S. LUIGI

L’altare di S. Luigi è il 2° a cornu evangeli. È uno dei primi tre altari esistenti fin dai primitivi tempi della Parrocchia ed era dedicato a Maria SS.ma del Rosario. In questo altare come può dedursi da alcune circostanze, circa il 1500 fu istituita la Confraternita del SS.mo Rosario, soppressa poi dal Cardinale Honorati, con decreto 26 febbraio 1787. Muzzi Maddalena nel 1749, lasciò l’obbligo di Messe N.33 all’anno da celebrarsi o in questo altare, o in quello del SS.mo Crocefisso per la durata di 10 anni, ritraendone l’elemosina dalla rendita di una casa. Il legato però venne soddisfatto solamente fino al 1756.
Il 24 Settembre 1888, un secolo dopo la sua soppressione, si ricostituì la Confraternita del Rosario, esponendosi alla pubblica venerazione una statua che un tal Paolini Paris donò alla Confraternita. Fabbricata l’attuale Cappella del SS.mo rosario nel Febbraio 1896, vi fu trasportata la statua. La Cappella che prima era del Rosario, fu poi dedicata a S. Luigi Gonzaga. In essa fino al 13 Settembre 1914, rimase una piccola statua di S. Luigi, in questo giorno però ve ne fu posta un’altra più alta, acquistata a spese di tutti gli uomini e di tutte le donne della Parrocchia che portano questo nome, come risulta dall’elenco esistente in questo archivio parrocchiale. In detto anno il pittore Garofoli Pasquale di Fano nell’ancòna dell’altare fece dei gigli a smalto come si vede oggi.

ALTARE DELLA MADONNA DELLA MISERICORDIA

L’altare della Madonna della Misericordia è il 3° a cornu evangeli. Viene mantenuto dalla Confraternita del SS.mo Sacramento. In questo altare esiste un quadro di Maria SS.ma della Misericordia con ornato e ricca cornice, con corona in stato mediocre, che nel 1851 Andrea Guidi cedette alla detta Confraternita per un debito che aveva con essa.
Il 21 Ottobre 1855 l’Immagine fu coronata solennemente dall’Emin. Cardinale Domenico Lucciardi vescovo di Senigallia, e, in detto giorno, dopo di averla portata in processione, fu posta alla pubblica venerazione nel 2° Altare a Cornu evangeli, dove attualmente si trova S. Luigi, giacché questo Altare era dedicato a Maria SS.ma del Rosario. In questo Altare di Maria Santissima della Misericordia è stata sempre venerata, ab immemorabili una immagine a rilievo del SS.mo Crocefisso sino al 26 Settembre 1883, giorno in cui venne esposta sull’Altare Maggiore e il 29 d. portata in processione e poi riposta dove si trovava attualmente.
ARTICOLO 17

ALTARE DI S. ANTONIO ABBATE

L’Altare di S. Antonio Abbate è il 4. a Cornu evangeli.
È uno dei tre Altari esistenti fin dai primi tempi della Parrocchia. È mantenuto dalla Pia Azienda di S. Antonio Abbate. Non si sa l’anno della costruzione, è certo però che risale oltre il 1582. Si sa che il 26 Maggio 1727 si istituì la Compagnia della Cintura, di cui si fa menzione nell’inventario Cervelli ed esiste il documento con l’elenco delle ascritte, in questo Archivio Parrocchiale. Di questa Aggregazione non si è più parlato; deve essere finita per consunzione. In questo Altare esisteva un Quadro (ora posto in fondo alla navata) rappresentante Maria SS.ma della Cintura, S. Agostino, S. Monica. In un lato del quadro si vede la figura di un Santo che è sempre stato venerato sotto il titolo di S. Antonio Abbate, e fu acquistata dalla celebre ditta Graziani-Collina di Faenza. Il sottoscritto la benedì il 7 Maggio 1908 nella Chiesuola dei Conti di Montevecchio e fatte colà per tre sere devote preghiere, venne solennemente trasportata alla Chiesa Parrocchiale il 10 di detto mese.

ALTARE DI MARIA SS.MA ADDOLORATA

L’altare di Maria SS.ma Addolorata è il primo a cornu epistolae. Viene mantenuto dalla Confraternita di Maria SS.ma Addolorata. Questa Cappella fu fabbricata a spese del Parroco scribente nell’Agosto 1899. La statua dell’Addolorata, lavoro di Graziani – Collina di Faenza, fu donata da un fedele di Monteporzio. Con autorizzazione del Vescovo Diocesano fu benedetta dal sottoscritto nella Chiesuola il 29 Dicembre 1898 ed il primo Gennaio dell’anno seguente fu trasportata processionalmente alla Parrocchia, dopo tre giorni di preghiere fatte nella predetta Chiesuola. Il 26 Aprile 1900 fu canonicamente eretta la confraternita che oggi conta Ascritte.

ALTARE DELLA MADONNA DEL CARMINE

L’altare della Madonna del Carmine è il secondo a cornu epistolae. Non si conosce l’epoca della costruzione, ma nell’inventario di don Benedetto Sampaoli, 30 Marzo 1715, si dice che fu restaurato da P. Camillo di Montevecchio della Congregazione di S. Filippo. In questo Altare c’è sempre stato un quadro di Maria SS.ma delle Grazie con il Bambino; S. Francesco e S. Maria Maddalena. Nel 1708 il detto P. Camillo tolse di qui tale immagine e la fece porre nell’Altare del del SS.mo Crocificco. Vi fece porre però una statua di marmo col Bambino in braccio fatta venire a proprie spese e che costò scudi 80 e per ordine di Mons. Vescovo di Senigallia fu benedetta dal Reverendo Pievano di Castelvecchio. Tale statua vi è anche al presente e si venera sotto il titolo di Maria SS.ma del Carmine. Per ragioni di simmetria, a detta Cappella è stato tolto l’arco di pietra e il prospetto di detto Altare, ugualmente in pietra che è stato posto nell’Altare del Rosario. La festa del Carmine si celebra il giorno 16 Luglio. I nomi dei fedeli che si ascrivono all’Abitino del Carmine vengono subito inviati al P. Priore dei Carmelitani in Senigallia, perciò in Parrocchia non vi è un Registro regolare.
In questa Cappella nel 1638 fu istituito un Legato di Messe da Mastro Francesco Barbieri coll’obbligo di una Messa per settimana; per questa soddisfazione il Barbieri diede cento scudi, consistenti in un censo di egual somma. Questo censo dopo alcuni anni fu estinto, ed i cento scudi nell’anno 1657 furono dati ad un certo Grossi Girolamo e li fondò in una casa e in un appezzamento di terreno nel territorio di Monteporzio: ma il Grossi si accorse che il terreno era enfiteutico, spettante all’Abbazia di S. Lorenzo in Campo e la casa era ridotta in pessimo stato. Mancando così i mezzi disponibili il Legato rimase sospeso.
Il Conte Astorre di Montevecchio per fare cosa grata alla Chiesa ed al Parroco D. Domenico Sampaoli, con atto 10 dicembre 1689, prese la casa diroccata del valore di 50 scudi e diede alla stessa Cappella un appezzamento di terreno del valore di scudi 90, donando il di più alla Chiesa coll’obbligo di soddisfare il Legato Barbieri. Anche oggi in quell’appezzamento di terreno si paga un canone di L. 1,06 annue all’Ufficio di Registro di Pergola: il terreno è precisamente quello dove è posta la casa colonica di Caprini Tommaso. Per questo terreno del suddetto Conte Astorre si dovevano celebrare Messe a seconda della rendita, detratte le spese. Con decreto della S. Congr. del 5 marzo 1701 e decreto esecutivo del 22 Novembre 1702 furono ridotte a trenta le Messe da celebrarsi per l’anima di Francesco Barbieri.
A questa Cappella è annesso anche un altro Legato di Messe N. 20 al mese per le anime del Purgatorio, lasciato da P. Camillo di Montevecchio, in forza del Testamento 20 marzo 1710, aperto il 7 dicembre 1711. Egli dotò questa Cappella di un terreno del valore di scudi 1300 del vocabolo Falcineto, ora Palazzina che viene coltivato da Canestrari Domenico. Per la celebrazione delle suddette Messe, fu eletto il Cappellano, dallo stesso P. Camillo, che fu precisamente don Pierluigi Pier-Santi, sacerdote del luogo di anni 53. Egli era obbligato a celebrare 20 Messe al mese e aveva l’obbligo di confessare in tutte le Domeniche e Feste e di solennizzare la festa dell’Assunzione con Messe.
Il Pievano Cervelli però nel suo inventario 1 Luglio 1845 dichiara che fino a quell’epoca, tanto il Legato annesso all’Altare Maggiore, quanto questo, non sono stati mai soddisfatti. Allora Mons. Vicario Generale di Senigallia, discussa la causa tra il Parroco rappresentante dei legati e il Conte Francesco erede del Padre Camillo pronunciò sentenza favorevole a quest’ultimo, perché i beni lasciati da P. Camillo non erano liberi, cioè erano soggetti all’investitura. Detto Mons. Vicario il 27 settembre decretò in via Provvisoria di vendere i beni liberi, mobili di casa ecc. e si ricavarono scudi 852, che nello stesso giorno furono a mezzo di due censi; l’uno di scudi 750 e l’altro di 102, che davano una rendita di scudi 28,50 all’anno. Questa somma veniva depositata presso il Monte di Pietà di Senigallia dal Conte Francesco di Montevecchio. La detta somma doveva servire per celebrare tante Messe coll’elemosina di un paolo, ed un bajocco per gli utensili, detratte le spese per la manutenzione della Cappella e dell’Altare. Ma restando cosa incommoda al Parroco il ritirare detta somma a Senigallia, il Vicario Generale di quel tempo, il 31 gennaio 1876, decretò che il conte Francesco dovesse versare la somma direttamente al Parroco pro tempore. Così si continuò fino al 1802 epoca in cui morì il conte Francesco che lasciò eredi i conti Antonio e Gaetano, il quale ultimo non avendo accettata l’eredità si rifiutò di pagare la sua metà di scudi 14,25. Il conte Antonio, riconosciuto giusto il lamento del fratello, pagò l’intera somma fino all’anno 1810. Morto il Conte Antonio, ed i figli Conte Francesco, Rinaldo e Rodolfo avendo rifiutato l’eredità, la Chiesa più nulla ricevette di quanto le aspettava in forza dei Legati del P. Camillo. I Parroci antecessori al Cervelli, tentarono rivendicare questo diritto, ma nulla ottennero fino dal 1811, quantunque ancora esista la possessione in questo territorio di Monteporzio col vocabolo Palazzina e l’altro corpo di terreno ivi annesso.
Nel 1899 il Parroco scrivente fece conoscere la cosa alla Sig.ra Contessa Teresa di Montevecchio in Scarselli, figlia del Conte Francesco, affinché essa compensasse la Parrocchia dei danni avuti da suo padre e zii, per avere rifiutata l’eredità paterna; perché come erede e posseditrice del fondo su cui gravava il Legato, ora la soddisfazione sarebbe spettata a lei. La suddetta Contessa Teresa, non esitò di pagare al sottoscritto L. 4000, coll’obbligo di pagare ad essa gli interessi del 4% vita naturale durante, e, appena avvenuta la sua Morte di far celebrare Messe N. 10 all’anno per 50 anni e di sanare tutte le mancanze dei genitori e zii. La morte della Contessa avvenne il 3 febbraio 1903 e da quell’epoca si incominciò il pio Legato di Messe che dovrà terminare nell’anno 1952. La condizioni espresse furono accettate dallo scrivente e dall’autorità Ecclesiastica. Detta somma fu adibita per alzare la Chiesa Parrocchiale e metterle come oggi si trova altre navate. Alle quattro mila lire se ne dovettero aggiungere altre 2000, come risulta dal regolare collaudo del Perito Leopoldo Sbrozzi di Orciano.

ALTARE DEL SS.MO ROSARIO

L’Altare del SS.mo Rosario è il 3. a cornu epistolae. È mantenuto dalla Confraternita del SS.mo Rosario, nuovamente istituita il 24 Settembre 1888. Cappella e Altare vennero fabbricati nel Febbraio 1896 a spese del sottoscritto, dei fedeli, e della Confraternita che concorse con L. 120. In questo Altare esiste la statua di Maria SS.ma del Rosario, donata da Paris Paolini nel 1903, e il 18 Ottobre 1902 Giammarchi Oreste di Fano indorò la cornice. Come si disse sopra, la prospettiva dell’Altare è di marmo e fino al 1899 era stata sempre nell’Altare del Carmine, ma in Questo anno fu posta in Questo per ragioni di simmetria con l’altra navata.

ALTARE DI SANTA EUROSIA

L’Altare di S. Eurosia Vergine e Martire è il 4. a cornu epistolae. Questa Cappella, che fu fabbricata come quella del Rosario e alle stesse condizioni, viene mantenuta dalla pia Azienda di S. Eurosia. Di questa Santa si celebra la festa il martedì dopo Pentecoste. L’Altare ha la nicchia dove è riposta la statua in legno di S. Eurosia. Non si conosce l’epoca in cui fu posta in venerazione; si nota però che nell’inventario di don Benedetto Sampaoli 30 Marzo 1715, non si parla della Santa, e si dice che nella Chiesa non esistono Reliquie di sorta. Non si conosce l’autore della Statua, dicesi però sia il medesimo di quella di S. Giustina in Mondolfo. Nell’inventario 12 Aprile 1739 di P. Matteo Sampaoli si dice che in questa Chiesa vi è la sola Reliquia di S. Eurosia e non si fa menzione della statua. Nell’inventario di don Sante Ducci del 6 Settembre 1796, si dice che esiste la statua di S. Eurosia fatta di particolari devoti, come si esprime nella memoria da lui lasciata. Il Conte Francesco di Montevecchio in una dichiarazione che trovasi nel principio del libro di amministrazione di questa pia Azienda e precisamente nel 1849, dice che l’istitutore della Festa di S. Eurosia è stato il Conte Francesco di Montevecchio che a proprie spese fece scolpire in legno la statua della Santa. Il Conte Francesco morì nel 1802. Per concludere, allo scrivente sembra che la statua di S. Eurosia sia stata fatta circa il 1750, e in quell’epoca sia istituita anche la festa. Nella suddetta dichiarazione si dice che S. Eurosia è la Comprottettrice della Parrocchia, ma non esistono documenti che lo comprovino.

IL BATTISTERO

In fondo alla navata a sinistra di chi entra, di prospetto all’Altare del SS.mo Crocifisso, esisteva il Battistero a forma di credenza e vi rimase fino al Settembre 1899. In quest’epoca si fece una nuova nicchia in fondo alla stessa navata, a cornu evangelii dell’Altare di S. Antonio Abbate e vi fu posto il Battistero di pietra, lavorato da Fabbri Achille di Fano, il 30 Agosto 1889.

Tratto da "Monte Porzio e Castelvecchio nella storia" Mons. Alberto Polverari

I parroci del passato

La sintesi delle vicende storiche della pieve di San Michele Arcangelo si ha dalla serie dei pievani, che qui viene riferita, avvertendo che la serie è ininterrotta solo dal Cinquecento:

FEDERICO … 1290-1291
AGOSTINO di Gubbio … 1367
FRANCESCO ANDREUCCIOLI di Gubbio … 1395-14075.
GIACOMO 1407-1413 … rettore e pievano delle pieve di Monte Arato
(Monterado) e di San Michele de Monte Porcho, per la cui seconda pieve
deve versare al vescovo quaranta soldi bolognesi.
FRANCESCO di Montevecchio 7. Manca la bolla. Per morte succede
RAFFAELE FIORANI. Manca la bolla. Per rinuncia succede
GIOVANNI BATTISTA MARINI di Montevecchio 4 luglio 1560.
GIROLAMO SANTI … 1587-1600 … Manca la bolla.
FELICE FERRARI di Senigallia … †30 agosto 1610.
RINALDO GALLI di Mondavio 21 settembre 1610-1615. Rinuncia.
FRANCESCO MARIA GALLI 1615-†17 novembre 1644.
LUDOVICO CONCORDIA di Montemaggiore 16 dicembre 1644-
1646(?). Muore uno o due anni dopo la nomina all’età di 29 anni.
FABRICIO RIDOLFI di Corinaldo 29 marzo 1646-†12 luglio 1663.
Suo fratello fra Pellegrino agostiniano, che lo assiste alla morte, viene
nominato vicario economo.
DOMENICO SAMPAOLI di San Pietro di Bagni settembre 1663-
1710. Inizia la serie dei tre pievani Sampaoli, titolari della pieve per
122 anni. Rimanendo a Monteporzio con il titolo di «Pievano Seniore»
rinuncia a favore del nepote. Muore il 12 febbraio 1714.
BENEDETTO SAMPAOLI di San Pietro di Bagni 1710-1738.
Rinuncia a favore del nepote e muore il 26 luglio 1741.
MATTEO SAMPAOLI di San Pietro di Bagni 1738-4 24 maggio 1785
«Cacciatore famoso anzi famosissimo». È nominato economo
spirituale il suo cappellano don Domenico Montanari. Sotto di lui la
famiglia Sampaoli si stabilisce a Monteporzio e si estingue con il
canonico Luigi Sampaoli nel 1928.
FRANCO VICI 1785-1789 già parroco a Monterado, traslato parroco a
Castelleone di Suasa. Ritorna economo don Domenico Montanari.
DOMENICO SAGRATI 1789-1795. È traslato a Morro rettore di
Santa Maria.
SANTE DUCCI 1795-1816. È traslato parroco a Castelleone di Suasa.
VINCENZO FERRIERI 1816-1817. Dopo qualche mese dalla nomina
muore per febbre maligna in età di 42 anni.
GIOVANNI DE SANTI 1817-1820, già cappellano a Monteporzio e
vicario economo nella traslazione di don Sante Ducci. È traslato
parroco a Stacciola.
FRANCESCO CERVELLI 1820-1846. Rinuncia. Nei tre anni di
vacanza è economo don Marco Gentiloni poi pievano.
MARCO GENTILONI di Corinaldo 1849-1853. Introduce nella
parrocchia il culto alla Madonna del Carmine. Dal 1850 i morti si
seppelliscono nel cimitero comunale e vengono murati tutti i
sepolcri.
ANTONIO GRADONI di Corinaldo 1854-1887, già cappellano a
Belvedere e economo a Montale. Costruisce l’attuale orchestra.
PIETRO TOMBARI 1888-1894 già minore conventuale. A spese
proprie e dei fedeli costruisce il campanile con tre campane, che
portano inciso il suo nome.
GIOVANNI CESARI di San Ginesio di Arcevia 1894-1920.
Ingrandisce la chiesa (la sigla G.P.C. sul gradino dell’ingresso significa
appunto «Giovanni Pievano Cesari»); la dota di un organo; aggiunge
 una quarta campana al campanile; fonda il circolo San Filippo Neri
favorisce la devozione al santissimo Crocifisso, di cui, in più edizioni,
pubblica le memorie e dipinge la cappella. È traslato arciprete di
Arcevia.
CARLO TOMMASSETTI di Arcevia 1920-1943, già parroco al
Montale. Riveste di marmo la cappella del santissimo Crocifisso.
Dopo il terremoto del 1930 viene costruita la canonica e sistemata la facciata della chiesa.
GUALBERTO PALADINI di Montemarciano 1944-1964.
IRIO GIULIANI di Barbara 5 gennaio 1965 – 19 luglio 1998  (Tornato alla casa del Padre il 16/12/2023)
LUIGI GIANANTONI di Monte Porzio 29 agosto 1998 – 30 settembre 2016
MAURO MATTIOLI di Barbara 01 ottobre 2016 – attualmente in carica

La Pieve di San Michele Arcangelo

Il termine pieve indica tre elementi essenziali: il popolo (dal nome stesso che viene dal latino plebs) cioè la comunità dei fedeli battezzati, la chiesa con il fonte battesimale e la sua dote beneficiale e il territorio.
L’antichità della pieve è in relazione allo sviluppo dell’agricoltura nel territorio. La pieve di Monteporzio è nominata, insieme con altre 20 pievi della diocesi di Senigallia, nella bolla di Onorio III del 29 maggio 1223 al vescovo Benno e di Gregorio IX del 1 novembre 1232 al vescovo Giacomo III .

E’ certo che l’attuale territorio parrocchiale di Castelvecchio era in quello dell’antica pieve di Monteporzio. Forse a destra del Rio Maggiore non esisteva altra pieve; il dubbio potrebbe riguardare i confini della pieve di San Gervasio di Bulgaria, se cioè veramente terminassero a sinistra del Rio, e l’attuale territorio di Monterado a sinistra del Cesano, se cioè il feudo avellanita causasse qualche implicazione. Soggetta alla pieve era la chiesa di San Cristoforo di Castelvecchio, come si ha da Rationes Decimarum del Sella . Altre chiese site nel pievanato erano quelle di San Giovanni e di San Martino, di cui esistono tuttora i toponimi; di queste chiese, ubicate in collina, si è parlato nei capitoli precedenti.

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Si è parlato della chiesa dai documenti nota come la più antica del nostro territorio; San Pietro dei Bulgari nel fondo Montis Porci nella località Bulgaresca o Bulgarisco. Dove era il sito preciso di tale chiesa e quale ne è la sua fine? Per ora non si ha risposta a questa domanda, come per ora non si risponde all’altra domanda come mai nei documenti del Duecento, nelle citate bolle pontificie e nelle Rationes decimarum, di cui più avanti, non si accenna al Santo titolare della chiesa. È ciò indizio di un periodo di transizione e di incertezza per la vecchia chiesa in rovina e abbandonata? Inoltre, l’attuale è il sito preciso della primitiva chiesa di San Michele? La domanda è giustificata anche dalla possibile ipotesi che il «rio San Michele», di cui parla il documento della investitura ai Montevecchio, possa riferirsi alla nostra chiesa. È anche da rilevarsi al riguardo la strana orientazione della chiesa verso la collina e che volta le spalle al centro abitato, come probabile indizio che la popolazione primitiva si concentrava in collina e che poi è scesa all’arrivo dei Montevecchio. La sintesi delle vicende storiche della pieve si ha dalla serie dei pievani, avvertendo che la serie è ininterrotta solo dal Cinquecento.


Testo tratto da “Monte Porzio e Castelvecchio nella storia” Mons.Alberto Polverari

San Michele Arcangelo

San Michele Arcangelo Michele è l’Arcangiolo (Arcangelo) guerriero, il principe delle milizie celesti, l’avversario di Satana, in lotta contro il quale è rappresentato dagli artisti e descritto dalla Scrittura. Il suo nome infatti significa «Chi come Dio?», ed è un grido di guerra contro chiunque presuma di farsi uguale a Dio.
La sua figura – anche se priva di nome – appare nelle prime pagine della Bibbia, a guardia della porta del Paradiso terrestre, ormai per sempre precluso ai progenitori dell’uomo dopo il loro peccato. E la sua ultima, definitiva, e vittoriosa battaglia contro Satana avverrà alla fine dei tempi, ed è già stata descritta da San Giovanni, nella visione dell’Apocalisse, ultimo libro della Sacra Scrittura.
Il vincitore del male e nostro alleato nella quotidiana lotta contro le sue forze, è anche la guida dell’anima al momento del trapasso. Sarà al nostro fianco nel giorno del Giudizio, e a lui la Chiesa, nella Messa dei defunti, raccomanda le anime avviate verso «la luce santa».



Torna nella chiesa parrocchiale la tela di San Michele Arcangelo.
L’angelo che sconfigge Satana e difende il popolo cristiano nella lotta contro il male.

sanmicheleFinalmente, dopo lunghi anni di assenza, è tornata nella sua pieve la bella tela all’altar maggiore con raffigurato san Michele Arcangelo, validissima composizione conforme alla figurativa marchigiana del secolo XVI partecipe di suggestioni classicistiche e raffaellesche (come scrive mons. Angelo Mencucci, in Senigallia e la sua Diocesi. Storia, fede, arte, volume II. I Comuni della Diocesi, Editrice Fortuna, Fano 1994, p.1350), debitamente restaurata da Giuliano Rettori, sotto la direzione della Soprintendenza ai beni artistici e storici delle Marche di Urbino.
L’opera di restauro, da lungo attesa, è stata resa possibile grazie alla generosa donazione (5.000 euro) -in memoria della Sig.na Romani Maria- proveniente dalla Fam.glia Terni Filippo e Amelia Vittoria, mediante la Sig.ra Carmi Pia Teresa, ai quali tutta la Comunità Parrocchiale esprime un riconoscente ringraziamento.

Per festeggiare il ritorno nella chiesa parrocchiale della tela settecentesca di San Michele Arcangelo, Sabato 26 Novembre 2005 alle ore 21 è stato eseguito un Concerto polifonico del Coro AE. & O. Guidi di Monte Porzio, diretto dal M.° Pierluigi Montesi, con la collaborazione dell’organista M.° Claudio Speranzini ed è stata posta una targa che ricorda come l’opera di restauro è stata resa possibile grazie alla donazione della Famiglia Terni, in memoria di Maria Romani.

San Michele è il titolare della Chiesa Parrocchiale e il patrono di Monte Porzio. La sua festa liturgica cade il 29 settembre. Ad attribuire a questa data la celebrazione è il fatto che in questo giorno a Roma si commemorava la dedicazione della chiesa in onore di san Michele costruita sulla via Salaria nel V secolo.

Il nome Michele esprime il suo ruolo nel progetto di Dio ed è quasi una professione di fede.
“Mi-ka-El” in ebraico significa: “Chi-come-Dio?”

La figura del santo arcangelo Michele è ben nota nelle Sacre Scritture. Nel libro del profeta Daniele (un’opera di taglio apocalittico, segnata cioè da immagini veementi e da fremiti di attesa per il giudizio divino definitivo sulla storia dell’umanità e sulle sue ingiustizie), nel passo 12,1-3, Michele è l’angelo che difende la causa di Dio e del suo popolo:
Or in quel tempo sorgerà Michele, il grande principe, che vigila sui figli del tuo popolo.
Vi sarà un tempo di angoscia, come non c’era mai stato dal sorgere delle nazioni fino a quel tempo;
in quel tempo sarà salvato il tuo popolo, chiunque si troverà scritto nel libro [della vita].
Nel passo sopra citato egli è definito come il grande principe. Questo titolo è da connettere alla sua collocazione nell’assemblea della corte celeste, ove gli angeli sono raffigurati ‑secondo un’antica concezione giudaica, passata anche nel cristianesimo‑ in varie gerarchie. Nel libro di Daniele, al capitolo 10, si presenta Michele come Auno dei primi prìncipi: il suo compito, infatti, è quello di essere a capo spirituale di Israele, suo protettore dall’alto. Tutte le nazioni, infatti, hanno un loro principe angelico. Con queste presenze soprannaturali si vuol ricordare che la storia non è solo in mano ai prìncipi e signori terreni e alle loro manovre politiche; c’è un progetto più alto che Dio conduce attraverso i suoi messaggeri, gli angeli.
La figura di Michele riappare in uno scritto neotestamentario poco noto ma suggestivo, anch’esso segnato da venature apocalittiche, la Lettera di Giuda, dove al versetto 9 si legge:

“Ma l’arcangelo Michele quando,
contendendo col diavolo, disputava per il corpo di Mosè,
non osò portare contro di lui un giudizio di bestemmia,
ma disse: Ti punisca il Signore!

La Lettera di Giuda cita qui un’opera apòcrifa (e quindi non appartenente alla Bibbia) intitolata Assunzione di Mosè, dove Michele si scontra col diavolo per strappargli il corpo di Mosè, appena deceduto. Bastò un semplice ordine per strappare al diavolo il corpo santo della guida di Israele nel deserto. Ma l’autore della Lettera di Giuda combatte contro una più attuale pretesa demoniaca, quella dei falsi maestri che s=infiltrano nella comunità cristiana. Gli epìteti che riserva loro sono coloriti: empi e dissoluti, impuri, ribelli, infami, sobillatori, svergognati, adulatori, superbi, impostori. Si tratta di un monito severo contro una piaga costante della cristianità, quella delle degenerazioni religiose, capaci di far impallidire Ala fede santissima e di disgregare l’edificio spirituale della Chiesa (versetto 20). Il filosofo inglese del 600 David Hume ricordava che agli errori dei filosofi sono ridicoli, ma quelli della religione sono sempre pericolosi.
Nella veste di difensore del popolo di Dio contro Satana, l’arcangelo Michele ritorna in scena nell’ultimo libro neotestamentario, il libro dell’Apocalisse, al capitolo 12,7-9. Ivi egli sferra un attacco contro il drago rosso (il colore del sangue versato dalla violenza) con sette teste coronate e dieci corna, simboli del potere oppressivo, e lo fa per difendere la donna e il figlio da lei appena partorito, immagine del popolo di Dio e della Chiesa nella quale è presente il Cristo (la tradizione vi vedrà Maria, la madre di Gesù). Ecco le parole dell’Apocalisse:

“Scoppiò una guerra nel cielo:
Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago.
Il drago combatteva insieme con i suoi angeli,
ma non prevalsero e non ci fu più posto per essi in cielo.
Il grande drago, il serpente antico,
colui che chiamiamo il diavolo e Satana e che seduce tutta la terra,
fu precipitato sulla terra e con lui
furono precipitati anche i suoi angeli”.

Michele è, dunque, l’alfiere del bene che si erge a difesa dei giusti e che sfida il potere del male che si annida non solo negli imperi e nella loro arroganza e violenza, ma anche nell’intimo di ogni persona.