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Domenica delle Palme-5 aprile 2020

IL VANGELO DELLA DOMENICA

BENEDETTO COLUI CHE VIENE NEL NOME DEL SIGNORE
Commento al vangelo di p. Alberto Maggi OSM
Mt 21,1-11

Quando furono vicini a Gerusalemme e giunsero presso Bètfage, verso il monte degli Ulivi, Gesù mandò due discepoli, dicendo loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito troverete un’asina, legata, e con essa un puledro. Slegateli e conduceteli da me. E se
qualcuno vi dirà qualcosa, rispondete: “Il Signore ne ha bisogno, ma li rimanderà indietro subito”». Ora questo avvenne perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta: «Dite alla figlia di Sion: “Ecco, a te viene il tuo re, mite, seduto su un’asina e su un puledro, figlio di una bestia da soma”».

I discepoli andarono e fecero quello che aveva ordinato loro Gesù: condussero l’asina e il puledro, misero su di essi i mantelli ed egli vi si pose a sedere. La folla, numerosissima, stese i propri mantelli sulla strada, mentre altri tagliavano rami dagli alberi e li tendevano sulla strada. La folla che lo precedeva e quella che lo seguiva, gridava: «Osanna al figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nel più alto dei cieli!».
Mentre egli entrava in Gerusalemme, tutta la città fu presa da agitazione e diceva: «Chi è costui?». E la folla rispondeva: «Questi è il profeta Gesù, da Nàzaret di Galilea».

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XXXI TEMPO ORDINARIO – 3 novembre 2019

IL FIGLIO DELL’UOMO ERA VENUTO A CERCARE E A SALVARE CIO’ CHE ERA PERDUTO –
Commento al Vangelo di p. Alberto Maggi OSM
Lc 19,1-10
In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zacchèo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là.
Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!».
Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto». Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».

Il vangelo di Luca si è aperto con l’affermazione che nulla è impossibile a Dio. Non esistono casi disperati,
non esistono persone che, qualunque sia la loro situazione, la loro condizione, possano essere esclusi dall’amore di Dio. Eppure nel vangelo ci sono due categorie che sembrano essere escluse dall’amore di Dio, dalla salvezza, la prima è quella dei pubblicani, gli esattori delle imposte, che erano considerati trasgressori di tutti i comandamenti; persone impure per le quali non c’era alcuna speranza di salvezza.
E l’altra esclusione viene da parte di Gesù che esclude tassativamente la presenza di ricchi nella sua comunità. Gesù l’ha detto chiaramente “E’ più facile che un cammello entri nella cruna di un ago che un ricco entri nel regno dei cieli”.
La comunità di Gesù è composta da signori e non da ricchi. Qual è la differenza? Il ricco è colui che ha e trattiene per sé, il signore è colui che dà e condivide con gli altri.

Ebbene l’evangelista ci presenta nel capitolo 19, nei primi dieci versetti, un caso disperato, che sembra senza soluzione. Ma vediamo.
In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zacchèo…. Ironia della sorte, in ebraico Zaccai significa puro, ma vedremo che è la persona più impura.
Capo dei pubblicani e ricco. Ecco, ha le due caratteristiche che lo escludono dalla salvezza. Non solo è un pubblicano, un esattore delle imposte, ma è il capo. E addirittura è ricco. Quindi dal punto di vista della società religiosa è un escluso da Dio, ma anche per Gesù non può appartenere alla sua comunità. Quindi è un caso disperato.
Cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura.
L’evangelista non vuole darci una indicazione folcloristica sull’altezza o meno di questo personaggio, il termine che adopera per “piccolo”, cioè micros, significa che non è all’altezza di Gesù. Perché non è
all’altezza di Gesù? Per l’attività che fa, un’attività che lo porta ad ingannare e derubare gli altri, quindi a fare del male e soprattutto perché è ricco. I ricchi non sono all’altezza di Gesù.
Allora corse avanti. Ecco il primo dei cambiamenti che c’è in questa persona. E’ un capo dei pubblicani, è una persona che venisse disprezzata, è temuta e riverita. E lui si mette a correre. Correre in quella cultura è qualcosa di disonorevole perché non si corre mai.
E, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là. Il sicomoro è una pianta tipica della zona, ne mostro uno nell’immagine, che si trova nella città di Gerico in ricordo di questo episodio.
È una grande piante. Ebbene Zaccheo pensa che per vedere Gesù deve salire, invece Gesù lo inviterà a scendere.
Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: “Zacchèo, scendi subito”. Lui pensava secondo la mentalità religiosa che per avvicinarsi a Dio bisognasse salire, invece Gesù lo invita a scendere. “Perché oggi devo fermarmi a casa tua”. Il verbo “dovere” adoperato dall’evangelista è un verbo tecnico con il quale gli evangelisti affermano la volontà divina. Quindi questo doversi fermare a casa di Zaccheo fa parte della volontà di Dio, del piano di salvezza, di questo Dio che a tutti è venuto a proporre il suo amore.
Scese in fretta (prima corre ora di nuovo in fretta) e lo accolse pieno di gioia. Qual è il motivo della gioia?
Non è soltanto dell’accoglienza della figura di Gesù. La gioia gli viene da quello che sta per fare. Gesù, in un’espressione che è contenuta negli atti degli apostoli dirà: “C’è più gioia nel dare che nel ricevere”. E Gesù aveva proclamato beati quelli che fanno la scelta della povertà, della condivisione. Ecco il motivo della gioia di Zaccheo.
Ma, alla gioia, all’allegria di Zaccheo, corrisponde il malumore degli altri. Vedendo ciò, tutti (nessuno escluso) mormoravano: “È entrato in casa di un peccatore!”. I peccatori vanno ammoniti, vanno
rimproverati e soprattutto vanno evitati. È impensabile che una persona pura entri in casa di una persona impura perché viene contagiato da questa sua impurità. Gesù mostra che non è vero che l’uomo peccatore si deve purificare per essere degno di accoglierlo, ma è accogliere il Signore quello che purifica.

Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: “Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri”, quindi lui che era ricco, già non era più ricco, perché la metà di quello che ha lo dà ai poveri. È l’accoglienza della beatitudine di Gesù.
“E, se ho rubato a qualcuno (certo che ha rubato), restituisco quattro volte tanto”. Zaccheo fa molto di più di quello che era previsto nella legge. Infatti nel libro del Levitico, al capitolo 5, si legge che il colpevole doveva restituire sì quello che ha rubato con l’aggiunta di un quinto. Lui fa molto di più. Dice “Io restituisco quattro volte tanto”. Che cosa è successo? Era ricco, ora non lo è più, però adesso è nella beatitudine, nella felicità e nella gioia.
Gesù gli rispose: “Oggi per questa casa è venuta la salvezza”. Gesù è stato indicato in questo vangelo all’inizio come il salvatore e per la prima e unica volta, appare il termine “la salvezza”. “Perché anch’egli è figlio di Abramo.” La gente pensava che, per la sua condotta, fosse una persona esclusa, un impuro, un maledetto. No, è un figlio di Abramo. “Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto”.
Il figlio dell’Uomo non attende che i peccatori vengano a lui pentiti, ma è lui che va incontro a questi peccatori per comunicare vita. Perché Gesù dice: “Salvare ciò che era perduto?” Perché la ricchezza
distrugge le persone. La vita si ottiene dando e non accumulando. Questa è la buona notizia portata da Gesù, quindi per lui non esistono casi impossibili, casi disperati.

Presentazione volume

RICORDIAMO I NOSTRI COMPAESANI
CHE PRESERO PARTE
ALLA 1a GUERRA MONDIALE (1915-1918)
DOMENICA 18 NOVEMBRE 2018
ORE 17,00
CHIESA PARROCCHIALE DI CASTELVECCHIO
Presentazione del volume:

CADUTI DISPERSI REDUCI
di Monte Porzio e Castelvecchio
con la partecipazione della corale “F. Tomassini” di Serra De Conti

IV DOMENICA AVVENTO – 24 dicembre 2017

ECCO CONCEPIRAI UN FIGLIO E LO DARAI ALLA LUCE
Commento al Vangelo di p. Alberto Maggi OSM

Lc 1,26-38
In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe.
La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo.
L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per
sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco,
Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

Nulla è impossibile a Dio. E’ con queste parole che si chiude l’episodio dell’annunciazione dell’angelo Gabriele a Maria. Perché nulla sia impossibile a Dio si esige l’ascolto della sua parola, fidarsi di questa e poi ci vuole l’azione. L’evangelista chiude con questa assicurazione – che nulla è impossibile a Dio – l’episodio  dell’annunciazione perché veramente la strada è tutta in salita.
San Paolo nella prima lettera ai Corinzi dice che Dio ha scelto quello che è disprezzato, quello che è ignobile al mondo, quello che noi mai avremmo scelto per le nostre imprese. E’ quello che ha fatto Dio.
Leggiamo il vangelo di Luca. “Al sesto mese l’angelo Gabriele” …. Gabriele in ebraico Gabri-el significa “la forza di Dio”, quindi è la forza della creazione che è capace di vincere qualunque resistenza. “Fu mandato da Dio in una città della Galilea.” Ecco cominciano già le difficoltà perché l’angelo di Dio non viene inviato nella regione santa della Giudea, che aveva il nome del capostipite delle 12 tribù d’Israele, Giuda, il luogo dove risiedeva la presenza di Dio, nel tempio di Gerusalemme, ma in una regione talmente disprezzata che deve il nome al profeta Isaia che nel suo libro, al capitolo 28, versetto 23, indica questo posto come “il distretto dei Gentili”, cioè dei pagani, dei miscredenti.
“Distretto” in ebraico si dice Ghelil, da cui Galilea. Quindi è la regione disprezzata, la regione delle persone che si credeva neanche sarebbero potute risuscitare, comunque esclusa dall’azione
di Dio. E questa città della Galilea è “chiamata Nazaret”, mai nominata nell’Antico Testamento, mai nominata nella Bibbia. Un borgo selvatico abitato da trogloditi, vivevano nelle grotte, gente
bellicosa.
Giuseppe Flavio, contemporaneo dei vangeli, dice che i Galilei sono bellicosi fin da piccoli. Ma c’è ancora di più … “a una vergine, sposata” … L’indicazione che ci dà l’evangelista facciamo difficoltà a comprenderla perché gli usi matrimoniali del tempo sono tanto lontani e diversi dai nostri. Il matrimonio avveniva in due tappe, una prima tappa chiamata sposalizio, quando la donna aveva 12 anni e il maschio 18, e dopo un anno la seconda fase del matrimonio chiamate nozze.
Quindi qui abbiamo questa ragazza che era nella prima fase del matrimonio, quando ancora non era possibile che i coniugi vivessero insieme e avessero rapporti tra di loro.
Questa donna è sposata. Quindi l’angelo è inviato a una donna. Dio mai aveva rivolto la parola a una donna, anche questo è tutto in salita, dice la Bibbia che “dalla donna ha inizio il peccato e per causa sua tutti moriamo.”
“Sposata a un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria.”
Ecco ancora la strada in salita, tra tanti nomi che si potevano scegliere per questa ragazza che doveva dare alla luce Gesù viene scelto proprio il nome che nella Bibbia portava sfortuna.
Perché? E’ il nome della sorella di Mosè, donna ambiziosa, castigata, punita severamente da Dio con la lebbra. E da quella volta il nome Maria non compare più nella Bibbia.
E’ come un po’ nel nostro mondo cristiano il nome Giuda, che è un bellissimo nome e tra l’altro è il nome di uno degli apostoli (non solo il traditore di Gesù), ma siccome ricorda il tradimento nessuno mette al bambino il nome Giuda.
E così non si metteva a una bambina il nome Maria perché ricordava una donna castigata da Dio.
Quindi come vediamo la strada è tutta in salita. In Galilea, a Nazaret, una donna con questo nome che porta sventura; Entrando da lei, disse: “Rallegrati”, cioè gioisci, “Piena di grazia”, che non è una constatazione che l’angelo fa delle virtù di Maria, ma dice “riempita dalla grazia”.
Dio non è attratto dai meriti di Maria, ma la riempie del suo amore. “Il Signore è con te”, è l’espressione con la quale Dio confermava la sua presenza a coloro che chiamava a compiere le sue azioni, come per esempio Gedeone. “A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: “Non temere, Maria, ecco hai trovato grazia presso Dio.” Quindi è Dio che la riempie del suo amore. “Concepirai un figlio”,
e qui cominciano le novità che poi matureranno lungo la vita di Gesù e il suo insegnamento.
“Lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù”. Ma questo è inaudito, la donna non può dare il nome al bambino che nasce. E poi il nome del bambino che nasce è lo stesso del padre, qui invece è la donna che è chiamata a rompere con la tradizione, a rompere col passato, ad aprirsi al nuovo.
E’ lei che deve dare il nome al bambino e non lo deve chiamare con il nome del marito, Giuseppe, come da tradizione, ma lo deve chiamare con questo nome Gesù. L’angelo dice che questo bambino “sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il
trono”, non erediterà il trono, ma è un’azione nuova. “Di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine”.
Questa è la promessa che l’angelo fa a Maria. Ebbene Maria non si scompone di fronte a questa novità e chiede soltanto le modalità. Allora Maria disse all’angelo: “Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?” appunto perché non era passata alla seconda fase del matrimonio, le nozze, quando cominciava la convivenza.
“Le rispose l’angelo” … l’evangelista racchiude l’esistenza di Maria tra le due discese dello Spirito Santo, all’annunciazione e nel cenacolo con la Pentecoste. “Lo Spirito Santo scenderà su di te”, in Maria c’è una nuova creazione, una nuova generazione, “e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio”.
Modi di dire per far comprendere che colui che nascerà sarà il messia, l’inviato da Dio, il liberatore del popolo.
Quindi su Maria scende lo Spirito Santo come al momento della creazione, quello che nasce è qualcosa di completamente nuovo. Perché l’angelo esclude in tutto questo Giuseppe? Perché il
padre trasmetteva al figlio non soltanto la vita biologica, ma anche la tradizione religiosa, morale. Ebbene Gesù non seguirà i padri d’Israele, ma Gesù seguirà il padre, che è Dio.
E l’angelo conferma: “Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio ”. Le parole che Dio aveva detto a Sara, anche lei anziana, con Abramo che non credeva nella possibilità di poter mettere al mondo un bambino, l’angelo le conferma a Maria, nulla è impossibile a Dio.
L’azione di Dio con la sua forza creatrice non ha limiti, ma, come ricordavamo all’inizio, ha bisogno dell’ascolto da parte dell’uomo, di fidarsi di questa parola e poi la sua collaborazione.
“Allora Maria disse: Ecco la serva del Signore”, non una serva. “Serva del Signore” era uno dei titoli che aveva il popolo di Israele, quindi Maria per l’evangelista identifica il popolo.
“Avvenga di me secondo la tua parola. E l’angelo si allontanò da lei”.
Maria si fida, si fida completamente del Dio dei suoi padri, ora l’aspetta il compito più difficile:
accogliere ed accettare il Dio di suo figlio, Gesù.