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XXIX TEMPO ORDINARIO – 22 ottobre 2017

RENDETE A CESARE QUELLO CHE E’ DI CESARE E A DIO QUELLO CHE E’ DI DIO       Commento al Vangelo di p. Alberto Maggi OSM

Mt 22,15-21
In quel tempo, i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come cogliere in fallo Gesù nei suoi discorsi.
Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?».
Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché volete mettermi alla prova?
Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. Egli domandò loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare». Allora disse loro:
«Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».

Dopo la serie di inventive con le quali Gesù ha accusato i capi spirituali del popolo di essere ladri e assassini – ladri perché si sono impadroniti del popolo e assassini perché hanno usato la violenza c’è Continua la lettura di XXIX TEMPO ORDINARIO – 22 ottobre 2017

XXVIII TEMPO ORDINARIO – 15 ottobre 2017

TUTTI QUELLI CHE TROVERETE CHIAMATELI ALLE NOZZE Commento al Vangelo di p. Alberto Maggi OSM
Mt 22,1-14
In quel tempo, Gesù, riprese a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti e ai farisei] e disse: «Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma quest non volevano venire.
Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: Dite agli invitati: “Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tuto è pronto; venite alle nozze!”.
Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città.
Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattvi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali.
Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti.

La parabola dei vignaioli assassini ha scatenato l’ira dei sacerdoti e dei farisei che, scrive l’evangelista, capirono che parlava di loro. Nessun segno di pentimento, né di conversione, ma cercano di Continua la lettura di XXVIII TEMPO ORDINARIO – 15 ottobre 2017

XXVII DOMENICA TEMPO ORDINARIO – 8 OTTOBRE 2017

DARÀ IN AFFITTO LA VIGNA AD ALTRI CONTADINI.
Commento al Vangelo di p. Alberto Maggi OSM
Mt 21,33-43
In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo:
«Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo, che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. Quando arrivò il tempo di accogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo.
Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero.
Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?».
Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».
E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:
“La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi”?
Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti».

Pretendono di essere gli unici rappresentanti di Dio, i detentori della sua volontà, quando in realtà ne sono i nemici e sono il principale ostacolo all’amore di Dio per il suo popolo. La denuncia di Matteo contro la casta sacerdotale al potere è spietata. Leggiamo nel capitolo 21, dai versetti 33-43.
Gesù ha denunciato i sommi sacerdoti e agli anziani, i capi del popolo, li ha denunciati dicendo che quelle categorie che loro considerano le più lontane da Dio, quali i pubblicani e le prostitute, in realtà li hanno preceduti nel regno di Dio e loro sono rimasti fuori.
E Gesù continua dicendo “Ascoltate un’altra parabola”, quello di Gesù non è un invito, ma un ordine imperativo, quindi Gesù si rivolge, con che autorità gli avevano chiesto, con che autorità
gli avevano chiesto, con che autorità fai questo? E Gesù mostra qual è la sua autorità, in maniera imperativa, “Ascoltate un’altra parabola”, è la terza e ultima parabola che ha come oggetto la
vigna. Sappiamo che la vigna nella Bibbia rappresenta il popolo che Dio ha curato.
“C’era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna”, il riferimento qui è al profeta Isaia, capitolo 5, al canto d’amore di Dio per la sua vigna, “la circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre”, quindi questo uomo, questo proprietario ha cercato tutti i mezzi per assicurare il buon prodotto della sua vigna. “La diede in affitto a dei contadini, e se ne andò lontano. Quando arrivò il tempo”, il termine greco significa il tempo
opportuno, “di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto”, letteralmente i suoi frutti. Ma ecco la sorpresa, ”ma i contadini presero i servi, e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero e un altro lo lapidarono”. Questa è la sorte dei profeti, i profeti erano chiamati i servi di Dio, c’abbiamo nel profeta Geremia al capitolo VII questa denuncia di Dio, he dice “da quando i vostri padri sono usciti dall’Egitto, fino ad oggi io vi ho inviato con assidua
premura”, ecco la premura di Dio per il suo popolo, “tutti i miei servi, i profeti”, quindi i profeti sono considerati servi del Signore, “ma non mi hanno ascoltato, né prestato orecchio, anzi hanno reso dura la loro cervice, divenendo peggiori dei loro padri”. Quindi in questa immagine di questi servi che sono bastonati, uccisi e lapidati è l’immagine degli inviati di Dio, i profeti. Perché questa reazione? Perché i profeti invitano al cambiamento, e le autorità religiose, la casta sacerdotale al potere alla quale è rivolta questa parabola, non hanno alcuna intenzione di cambiare. Loro vogliono soltanto consolidare il loro potere e il loro prestigio Ma il padrone della vigna non si stanca, “mandò di nuovo altri servi più numerosi dei primi,
ma li trattarono allo stesso modo. Da ultimo mandò il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio”. Ma quando mai, i capi religiosi esigono il rispetto per se stesso, ma non rispettano
nessuno, non rispettano né la gente, e tanto meno Dio, loro guardano soltanto il loro interesse, la loro convenienza.
“Ma i contadini”, infatti, “visto il figlio dissero”, e qui è interessante perché mentre il proprietario della vite che è la figura di Dio, dice e il suo dire è per la vita, “mandò il proprio figlio dicendo: avranno rispetto per mio figlio”, il dire dei contadini, figura dei capi religiosi è un dire per la morte. Infatti “dissero tra di loro: costui è l’erede”, quello che eredita tutto, “su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità”. L’evangelista smaschera il vero motivo della morte di Gesù. Gesù non è morto perché questa fosse la volontà di Dio, ma era la l’interesse, la convenienza della casta sacerdotale al potere, perché Gesù rischiava di mandare all’aria tutto il dominio, tutto il prestigio,
tutto l’onore che avevano sul popolo “Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero”, l’evangelista si richiama alla condanna riservata ai bestemmiatori, fuori della città ed è la stessa morte, la stessa fine che ha fatto Gesù. Ed ecco la trappola che Gesù ha creato per i suoi ascoltatori, “Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?”, ed ecco la risposta dei sommi sacerdoti e degli anziani, ripeto ai quali è rivolta la parabola, che è la sentenza che si danno su se stessi, “Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli
consegneranno i frutti a suo tempo”, emettono la propria sentenza . Per interesse hanno ucciso e non sanno che un interesse li distrugge.
E allora Gesù disse loro, “Non avete mai letto”, è molto ironico l’atteggiamento di Gesù, la domanda di Gesù. Ai sommi sacerdoti, agli anziani, costoro che conoscono naturalmente la scrittura, Gesù chiede se mai hanno letto, perché non basta leggerla, la Scrittura bisogna interpretarla e capirla, e il criterio per interpretare la scrittura è il bene dell’uomo, se non c’è questo criterio, si legge senza capire. Ecco perché Gesù dice ”non avete mai letto nelle scritture”, e cita il salmo 118 al versetto 22, “la pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo”.
I costruttori tanto intelligenti, tanto sapienti, proprio la pietra che hanno scartato è quella che invece serviva per tenere su tutta la costruzione.
“questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi? Perciò io vi dico:”, ed ecco la sentenza di Gesù, “a voi sarà tolto il regno di Dio”. Quindi alla casta sacerdotale è tolto
tutto il potere, e “sarà dato a un popolo”, il termine greco etne da cui etnico, indica un popolo pagano, cioè cosa sta dicendo il Signore? Che quelli che erano considerati gli esclusi dalla salvezza,
saranno quelli che invece godranno i frutti che sono assenti nel popolo del Signore, “che ne produca i frutti”.
Quello che sorprende è che la liturgia, o forse neanche sorprende, abbia tolto il versetto 45, che è quello che dà la spiegazione a tutto il brano. Infatti la conclusione è “udite le sue parabole i sommi sacerdoti e i farisei”, appaiono anche i farisei, quindi indica tutta la casta sacerdotale , l’elite spirituale, “capirono che parlava di loro”, e cosa hanno fatto? Si sono pentiti, si sono convertiti?
Mai, chi detiene il potere è determinato dalla propria convenienza e non si pentirà mai e infatti “cercavano di catturarlo, ma avevano paura della folla che lo considerava un profeta”. La cattura,
l’assassinio di Gesù per ora è soltanto rimandato.

SANTISSIMA TRINITA’ – 11 giugno 2017

DIO HA MANDATO IL FIGLIO SUO PERCHÉ IL MONDO SIA SALVATO PER MEZZO DI LUI

Commento al Vangelo di p. Alberto Maggi OSM

Gv 3,16-18

In quel tempo, disse Gesù a Nicodèmo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio».

È tipico di ogni religione l’immagine di un Dio che giudica e poi condanna, un Dio che premia i buoni, ma castiga i malvagi. Questa immagine di Dio è completamente assente in Gesù, addirittura Gesù smentisce l’immagine di un Dio che giudica e condanna. Sentiamo cosa ci scrive Giovanni, nel capitolo 3, ai versetti 16-18. Il contesto è quello del discorso con il fariseo Nicodemo – i farisei aspettavano il messia appunto che fosse espressione del giudizio divino – Gesù dice che no. “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il figlio unigenito”, Gesù si dichiara espressione dell’amore di Dio per l’umanità – Dio esprime il suo amore dando il suo figlio – “perché chiunque crede in lui”, credere non significa dare adesione a una dottrina, ma significa dar adesione a una persona, al suo messaggio, in questo caso a Gesù, “non vada perduto, ma abbia la vita eterna”. Per la seconda volta, in questo capitolo, appare un tema molto caro per l’evangelista, quello della vita eterna. La vita eterna i farisei la pensavano come un premio, da ottenere nel futuro, per il buon comportamento tenuto nella vita presente; per Gesù, invece, è una condizione nel presente. Vita si chiama eterna non tanto per la durata indefinita, ma per la qualità indistruttibile. E continua Gesù: “Dio infatti non ha mandato il figlio nel mondo per”, il verbo non è giudicare (condannare), il verbo in greco adoperato dall’evangelista significa: emettere una sentenza, giudicare, quindi non è condannare, “il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui”. Gesù è venuto a offrire un’alternativa di vita, una possibilità di crescita, di realizzazione piena della sua esistenza all’uomo. “Chi crede in lui” continua Gesù, “non è giudicato”, quindi l’immagine di un giudizio da parte di Dio, è assente nel messaggio di Gesù: non si va incontro a nessun giudizio e pertanto nessuna condanna, “ma chi non crede è già stato giudicato perché non ha creduto nel nome dell’unigenito figlio di Dio”, e qui bisogna aggiungere due versetti che, nella versione liturgica, non c’è (ci sono), altrimenti non si capisce, sembra una contraddizione. Continua Gesù dicendo che il giudizio è questo: “la luce è venuta nel mondo”, e poi conclude “chi fa il male odia la luce”, non c’è un giudizio da parte di Dio, c’è un’offerta di vita, qui raffigurata come la luce, sta all’uomo sentirsi attratto da questa luce ed entrare a far parte del cono d’amore della salvezza, ma chi fa il male, si sa, detesta la luce. Chi fa male vuole le tenebre e quindi si rintana ancora di più nelle tenebre, immagine della morte. Allora non è un giudizio da parte di Dio che respinge la persona, ma è la persona che, per il suo interesse, per la sua convenienza, il male è questo, respinge l’offerta di pienezza di vita da parte di Dio. Dio non può far altro che far brillare ancor di più la sua luce, ma più brilla la sua luce, per chi fa le tenebre questa è una minaccia, è un qualcosa che lo acceca, è qualcosa che lo detesta. Quindi l’invito dell’evangelista è a compiere quotidianamente azioni di luce per poter poi entrare in piena sintonia, in comunione con quel Dio che è luce e che è amore.